Illegittimi i Regolamenti comunali in tema di assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale per gli alunni disabili nella parte in cui limitano la concessione del suddetto servizio ai soli studenti frequentanti la scuola di ogni ordine e grado in situazione di gravità, escludendo pertanto l’assistenza agli alunni affetti da disabilità lieve o moderata.

E ciò che sostanzialmente sostenuto dal Trib. Ancona, sez. I, sent., 8 marzo 2024, n. 501.

Qui di seguito la motivazione della sentenza:


Svolgimento del procedimento

Con ricorso ex art. 281 octies c.p.c. in relazione agli artt. 28 del D.lgs n. 150/2011 e 3 della L. n. 67/2006 (controversia in materia di discriminazione) (omissis) hanno adito l'intestato Tribunale per sentir ordinare al Comune di Ancona la cessazione della condotta discriminatoria tenuta nei confronti del minore (omissis) adottando ogni provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti; dichiarare l'illegittimità e quindi disapplicare gli atti di diniego adottati dal Comune di Ancona in data 21.9.2023 e il Regolamento comunale approvato con delibera consiliare del 29.9.1997 nella parte in cui limita la concessione dell'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale ai soli alunni/studenti frequentanti le scuole di ogni ordine e grado portatori di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, L. n. 104/1992; condannare il Comune di Ancona a concedere al minore (omissis) l'assistenza scolastica per l'autonomia e la comunicazione personale per l'anno scolastico 2023/2024 e per quelli successivi per 10 ore settimanali, o per il diverso numero di ore ritenuto di giustizia, con l'assegnazione di un assistente educatore; condannare il Comune di Ancona al pagamento della somma di euro 1000 o di quella diversa, maggiore o minore, ritenuta di giustizia per ogni mese di ritardo nell'esecuzione della sentenza; condannare il Comune di Ancona al pagamento della somma di euro 1000 mensili, o di quella diversa maggiore o minore ritenuta di giustizia, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito dal minore (omissis) per la mancata assegnazione dell'assistente dal 13.9.2023 fino alla data di pubblicazione della sentenza, oltre interessi legali da tale data al saldo effettivo; con rimborso di spese e contributo unificato, vittoria del compenso di causa, oltre rimborso spese forfettarie, Cpa e Iva come per legge.

Si costituiva in giudizio il Comune di Ancona al fine di richiedere l'integrale rigetto del ricorso, siccome improponibile, inammissibile e, subordinatamente, infondato.

All'udienza del 18 01.2024 i procuratori delle parti chiedevano fissarsi udienza di discussione con concessione di termine per note ed il GI si riservava.

A scioglimento della riserva assunta, il GI con ordinanza in data 18.01.2024, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.a. l'udienza dell'08.03.2024 concedendo alle parti il termine per il deposito delle memorie conclusionali. 

Motivi della decisione

Si ritiene opportuno prima di qualsiasi esame una breve ricostruzione dei fatti oggetto della presente vertenza.

Con verbale di accertamento reso dalla Commissione medica per l'accertamento dell'Handicap presso l'ASL di Ancona, in data 17.10.2020, il minore (omissis) veniva riconosciuto invalido ai sensi e per gli effetti del comma 1 art. 3 Legge 104/92 in quanto affetto da “ritardo mentale lieve e deficit di apprendimento in sindrome da microdelezione cromosomica” ed in considerazione del predetto stato di salute, la Commissione riconosceva detta condizione fino ad ottobre 2023 (cfr. all. 1 in comparsa di risposta).

Conseguentemente l'AST delle Marche, con certificazione resa il 29.3.2023, rilasciava il documento “diagnosi funzionale” (cfr all. 2 in comparsa di risposta), in base al quale veniva riconosciuto al minore una “disabilità intellettiva lieve/moderata in soggetto con sindrome da microdelezione”.

Sulla base della predetta documentazione, per l'anno scolastico 2022/2023, veniva redatto dall'Istituto Comprensivo (omissis) un Piano Educativo Individualizzato (PEI) nel quale, con riguardo alla diagnosi funzionale accertata il 16.02.2023, veniva indicata una “disabilità intellettiva lieve/moderata in soggetto con sindrome da microdelezione” (cfr. all. 3 in comparsa di risposta).

Con domanda del 04.07.2023 (cfr. all. 4 in comparsa di comparsa), inoltrata per il tramite dell'Istituto Scolastico (omissis) il ricorrente (omissis) chiedeva, per il minore (omissis) “l'ammissione al servizio gratuito di assistenza scolastica per l'autonomia e la comunicazione per alunni disabili in situazione di gravità (l. 104/92)”, allegando all'uopo una scheda tecnica sottoscritta dalla Dirigente.

Con comunicazioni del 21.09.2023 (cfr. all. 5 in comparsa di risposta), il Comune di Ancona comunicava il diniego all'accesso al servizio di assistenza per l'autonomia e la comunicazione in favore del minore in base al vigente Regolamento Comunale, tuttavia con ulteriore comunicazione del 29.08.2023, protocollata in data 07.09.2023 (cfr. all. 6 in comparsa di risposta), il Comune di Ancona informava la ricorrente (omissis)  di aver inserito il minore (omissis) nelle attività inerenti il progetto (omissis) per un costo settimanale pari ad euro 135 (progetto approvato dall'Amministrazione Comunale che cofinanzia la realizzazione di tale attività con un contributo annuale di euro 5000).

A seguito di tale diniego, tuttavia, i ricorrenti, quali genitori del minore (omissis) ricorrevano per ottenere l'ammissione dello stesso al servizio di assistenza domiciliare e scolastica negato dall'amministrazione comunale e per la cessione della condotta discriminatoria.

Il Comune di Ancona si costituiva in giudizio sollevando diverse eccezioni sia di natura processuale che nel merito, le quali andranno esaminate secondo il criterio logico e giuridico loro proprio.

In via pregiudiziale, l'ente resistente eccepiva il difetto di giurisdizione dell'intestato Tribunale trattandosi di una evidente questione devoluta alla giurisdizione amministrativa, non ricadente nell'ambito della disciplina normativa di cui agli art.li 28 del D.Lgs. 150/2011 e dell'art. 3 della L. 67/2006 (controversie in materia di discriminazione) in assenza di un progetto individuale.

Sul punto si osserva che oggetto del contendere non riguarda il numero di ore di sostegno da assegnare allo stesso e neppure la predisposizione di un PEI funzionale ad un ottimale fruizione del servizio scolastico, bensì riguarda l'ammissione del minore al diverso servizio di assistenza materiale, non didattica (della quale il minore già beneficia) da parte di soggetti specializzati che però non appartengono al corpo docente.

L'azione proposta dai genitori di (omissis) è da intendersi, pertanto, principalmente quale azione di accertamento del diritto alla prestazione assistenziale da parte del Comune di Ancona nonché di condanna all'erogazione della stessa.

Si osserva, pertanto, che se l'art. 12 della L. 104/1992 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone disabili) ha attribuito al minore affetto da disabilità il diritto soggettivo all'educazione ed istruzione, l'art. 13 dello stesso testo normativo ha disciplinato l'assegnazione di un un insegnante specializzato di sostegno allo stesso quale strumento necessario per attuare principi di rango costituzionale (artt.li 3, 32, 34 e 38 della Costituzione).

Tuttavia, giova ricordare che il citato articolo 13 della L.104/1992 distingue chiaramente il sostegno educativo-didattico, assicurato da insegnanti specializzati inquadrati nei ruoli del Ministero della Pubblica Istruzione e l'assistenza materiale, tesa anche essa a sviluppare l'autonomia e la comunicazione, fornita da personale “non docente” messo a disposizione da enti territoriali (comuni / provincie).

Posto quanto sopra si è in presenza di una assistenza ad personam avente la funzione di erogare prestazioni assistenziali e non didattiche, anche se in supporto di quest'ultima con figure professionali ben diverse da quelle educative e didattiche ministeriali.

Nella sostanza, trattasi di un'azione di accertamento del diritto ad una prestazione da parte di un ente locale che deriva dall'accertamento di uno specifico presupposto consistente in un handicap.

Tenuto conto che lo stesso Consiglio di Stato (sez. VI n. 2023 del 2017) ha ritenuto opportuno differenziare la giurisdizione a seconda della causa petendi e del petitum sostanziale ha ritenuto che vi sia la sussistenza della giurisdizione del GO allorquando vi sia una lamentela che l'amministrazione pubblica abbia posto in essere un comportamento discriminatorio a proprio danno, mentre nel caso in cui si impugnino gli atti del procedimento o si contesti un comportamento della P.A. ha ritenuto la sussistenza della giurisdizione esclusiva del GA.

Sul punto, si osserva altresì che la stessa Corte di Cassazione con ordinanza a SS.UU del 15.02.2011 n.3670 ha confermato “l'attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione in ordine alla tutela contro gli atti ed i comportamenti ritenuti lesivi del principio di parità”, il tutto tenuto conto che le posizioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel caso di specie non possono non essere ricondotte alla categoria di veri e propri diritti assoluti, posto che derivano dal fondamentale principio costituzionale dettato dall'articolo 3 secondo il quale “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Parte resistente ha successivamente eccepito il difetto di legittimazione passiva dell'amministrazione comunale per due ordini di motivi e cioè (il primo) poiché l'articolo 139 del D.Lgs. 112/1998 in materia di “servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazioni di svantaggio” attribuisce alle province la competenza per l'istruzione secondaria superiore ed ai comuni quella per gli altri gradi inferiori di scuola, sicché il minore frequenta una scuola secondaria la convenuta difetta di legittimazione passiva nell'ipotesi de quo.

Sul punto si osserva, come evidenziato già dal ricorrente nella propria memoria conclusionale, che stranamente tale eccezione non è stata minimamente presa in considerazione dell'ente resistente nelle motivazioni poste a fondamento del diniego, ma effettivamente tale eccezione si manifesta contraria con quanto disposto dal regolamento comunale su detta materia (cfr. doc. 11 parte ricorrente e doc. 7 di parte residente   regolamento approvato dal C.C. con delibera n.398 del 29.09.1997), sia dell'art. 6, comma 2, L. 328/2000 (L.Q. per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), sia dell'art. 14, comma 4-bis, della Legge Regionale Marche n. 18/1996 (come modificato dall'art. 13 L.R. 28/2000 dell'art. 12 L.R. 30/2001 e dell'art. 9 L.R. n. 8/2019), il quale ha previsto il trasferimento ai Comuni associati negli ambiti territoriali sociali (ATS) delle funzioni relative all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali frequentanti le scuole secondarie di secondo grado.

Detto motivo, pertanto, deve essere respinto, la parte resistente, però, eccepisce altresì (il secondo) il suo difetto di legittimazione passiva basandolo sulla circostanza che la richiesta di assistenza è stata formulata sulla base di documenti alla cui formazione non ha partecipato, quali il PEI, la diagnosi funzionale o la scheda tecnica.

Non sembra però che, visto il contenuto del citato regolamento (cfr. art. 12 detto), detti documenti non siano stati allegati alla domanda, ma che ad ogni buon conto siano, comunque, di pertinenza esclusiva di altri enti pubblici (es. ASUR) ai quali l'ente territoriale resistente risulta del tutto estraneo.

Sempre in via pregiudiziale, viene eccepita l'improponibilità del ricorso per mancata impugnazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato) dai ricorrenti conosciuto sin dal 25.05.2023.

Tuttavia a ben vedere il PEI non è certamente oggetto del presente procedimento, poiché lo stesso altro non è che un progetto educativo calibrato sulle esigenze del singolo alunno con disabilità certificata. Quindi, ogni scuola deve adottare un PEI diverso per ciascun studente diversamente abile (la personalizzazione della didattica, infatti, è alla base di ogni forma di inclusione).

All'interno del PEI, infatti, devono essere indicati gli obiettivi educativi che si vogliono raggiungere, gli strumenti e le attività che si utilizzeranno per conseguirli e i criteri di valutazione (vi confluiscono, ad esempio, la programmazione per obiettivi minimi o la programmazione differenziata).

Si tratta, quindi, di un documento complesso e corposo, che fa da raccordo tra tutti gli interventi che vengono realizzati durante l'anno scolastico, coordinandoli e integrandoli.

Per questo motivo, il PEI è destinato a periodiche verifiche e cambiamenti, per adattarlo all'evoluzione dell'alunno e la sua composizione coinvolge tutti i soggetti che, a diverso titolo, sono coinvolti nella crescita e nell'educazione del ragazzo destinatario del piano, cioè i docenti della classe in cui si trova lo studente, l'insegnante di sostegno, le figure socio-sanitarie che seguono il ragazzo, la famiglia, ma tale atto, destinato per prestazioni di tipo prettamente scolastiche, a nulla rileva nella presente fattispecie in esame e che la circostanza che al punto 9 del PEI (cfr. doc. 7 allegato all'atto introduttivo) nulla è stato indicato risulta, oltremodo, irrilevante ai fini del presente giudizio, non godendo il minore all'epoca della sua redazione di alcuna risorsa per l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione.

Infine, sempre in via pregiudiziale, l'ente resistente afferma che il presente ricorso è stato proposto sulla base di un accertamento medico ormai privo di validità ed efficacia, poiché scaduto nell'ottobre del 2023.

Sul punto si osserva che la commissione medica, nel riconoscere nell'ottobre del 2020 la condizione di portatore di handicap non grave in capo al minore ai sensi dell'art. 3, comma 1, L. 104/1992, ha effettivamente previsto la revisione ad ottobre 2023 (cfr. doc. 3 parte ricorrente doc. 1 parte resistente), ma non ha potuto che confermare tale situazione dopo visita di revisione effettuata il 31.01.2024.

Il minore (omissis) infatti, è affetto purtroppo da un “ritardo mentale in soggetto con sindrome da microdelezione 10p15.3” con conseguenti “difficoltà di apprendimento, difficoltà di autonomia” e la diagnosi funzionale di “deficit di apprendimento e disabilità intellettiva lieve” con la previsione nelle cd. “indicazioni particolari” oltre all'insegnante di sostegno ed alla prosecuzione della attività di recupero scolastico, di un “educatore comunale scolastico e domiciliare” (cfr. all 2 atto introduttivo).

La monosomia distale 10p è una “rara malattia cromosomica” in cui la punta del braccio corto (braccio p) del cromosoma 10 viene eliminata, determinando un fenotipo variabile a seconda dell'entità della delezione (la delezione può interessare solo la banda terminale 10p15, oppure estendersi verso il centromero fino alle bande 10p14 o 10p13).

Tale deficit cromosomico non è, purtroppo, ad oggi emendabile, tant'è che appare del tutto inutile prevedere ulteriori revisioni, sicché verosimilmente i ricorrenti dovrebbero muoversi in tale senso onde evitare inutili accertamenti futuri.

Tale situazione di handicap, pertanto, non ha certamente una scadenza con tutte le conseguenze relative e comunque, ad ogni buon conto, la scadenza temporanea de quo non appare ideona a privare, sic et simpliciter, l'utente di un servizio alla persona disabile così importante ritenendo almeno l'attesa di una nuova valutazione che, purtroppo, nella fattispecie per cui è causa appare assolutamente inutile per le motivazioni sopra riportate.

Passando, pertanto, al merito della fattispecie di cui al processo, lamentando l'inammissibilità del ricorso, parte resistente sostiene che nessun comportamento discriminatorio è mai stato posto in essere nell'Amministrazione comunale la quale, sulla base della documentazione prodotta e dell'attuale regolamentazione regionale e comunale, ha disposto un diniego del servizio senza alcuna preferenza, con ciò rendendo l'accesso alla tutela giudiziale antidiscriminatoria di cui all'art. 28 D.Lgs. 150/2011 palesemente fuori luogo ed inammissibile.

Parte resistente afferma, altresì, che nelle controversie in materia di discriminazione, la pronuncia del Giudice si articola in due fasi, la prima di accertamento e dichiarazione del carattere discriminatorio della condotta, mentre la seconda di tipo ordinatorio, la quale ha come fine, da un lato, quello del ripristino della situazione che ci sarebbe stata in assenza della discriminazione attraverso l'ordine di cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione dei suoi effetti è, dall'altro, quello dell'eventuale risarcimento del danno patito, anche di ordine non patrimoniale tenuto conto della natura ritorsiva del comportamento discriminatorio rispetto ad una volta ad ottenere il rispetto del principio di parità del trattamento.

Dall'esame delle richieste di parte ricorrente, si osserva che in via principale viene chiesta dai ricorrenti la tutela di un diritto soggettivo all'assistenza, scolastica e domiciliare, per l'autonomia e la comunicazione in favore del figlio disabile, previa disapplicazione “in via incidentale” degli atti ritenuti illegittimi e lesivi di tale diritto, tra i quali il regolamento comunale.

Orbene, non vi è dubbio che lo scrivente, anche ai sensi dell'art. 28 D.Lgs. 15.02.2011, può disapplicare in via incidentale gli atti amministrativi ritenuti illegittimi (cfr. art. 28, comma 3: “Con la sentenza che definisce il giudizio il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole,  adottando,  anche  nei  confronti  della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti”), i quali verranno privati della loro efficacia limitatamente al caso concreto.

Posto quanto sopra, pertanto, si ritiene perfettamente ammissibile il ricorso oggetto della presente controversia, osservando che la domanda di assistenza è stata respinta per la mancanza del requisito della gravità dell'handicap, così come previsto dal regolamento comunale più volte citato.

Sul punto, quindi, si osserva che la previsione regolamentare limitante l'assistenza solo ai portatori di un handicap grave non viene contemplata dalla normativa di riferimento dalla stessa richiamata (art. 13, comma 3, L.104/1992 e art.42 D.P.R. 617/1977) mentre, in effetti, la delibera della Giunta della Regione Marche n. 850 del 2023 (cfr. doc. 9 parte resistente) conferma l'assistenza a soggetti disabili ivi compresi coloro che non sono in condizioni di gravità, facendo riferimento a disabili riconosciuti dalla Commissione sanitaria e che non abbiano compiuto i 65 anni di età.

Non vi è dubbio, pertanto, che al minore (omissis) debba essere riconosciuta l'assistenza richiesta, la quale si badi bene non è di natura didattica propria dell'insegnante di sostegno, ma trattasi di una attività di mero supporto materiale individualizzato finalizzata ad assicurare agli alunni affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali una piena loro integrazione scolastica attraverso lo svolgimento di un attività di assistenza diretta ad agevolarli nelle diverse necessità ai fini di una loro piena partecipazione alle attività scolastiche e formative.

Tale servizio, infatti, trova proprio il suo fondamento normativo nel richiamato art. 13, comma 3°, della L.104/1992 il quale riconosce “…l'obbligo per gli enti locali di fornire assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap…”.

Non vi è dubbio, in sostanza, che trattasi di un'azione di accertamento del diritto a una prestazione da parte dell'ente locale, la quale deriva da un accertamento effettuato da una commissione medica all'uopo incaricata, alla quale il Comune non può opporsi.

Riguardo al comportamento discriminatorio lamentato dai ricorrenti in danno del proprio figlio minore si osserva che la previsione di norma di cui si chiede applicazione è contenente “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni” non sembra contemplare l'ipotesi oggetto di causa.

L'art. 2 della L. n. 67/2006 prevede invero che “si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga” e che invece “si ha discriminazione indiretta quando  una  disposizione,  un  criterio,  una  prassi,  un  atto,  un  patto  o  un  comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”.

In siffatto ambito normativo da cui la domanda attrice, azionata nelle forme di cui all'art. 281 decies e ss. c.p.c. ai sensi dell'art. 28  D.lgs 150/2011 e 3 della L. 67/2006, muove richiede, però, la condizione che la disparità di trattamento rilevi qualora fossero poste a confronto situazioni analoghe facenti capo a una persona disabile ed a una persona non disabile.

Un siffatto confronto, però, non risulta in alcun modo operato dal ricorrente che, piuttosto, sottolinea di aver ricevuto un trattamento deteriore in applicazione di normativa deputata a disciplinare proprio le posizioni dei soggetti disabili, avendo quest'ultima trovato attuazione per mano dell'amministrazione, in modo del tutto irragionevole.

D'altro canto, non si riesce ad attribuire altro contenuto alla nozione di discriminazione, in particolare, per l'individuazione, all'interno della più ampia categoria delle disabilità, di handicap, di maggiore o minore gravità sicché possa predicarsi, per l'invocata normativa, anche una discriminazione di trattamento tra soggetti non abili fra loro.

Ed invero un siffatto contenuto della nozione di discriminazione urterebbe con la finalità stessa della norma diretta ad accostare posizioni di disabilità a posizioni di abilità e quindi a realizzare la migliore integrazione delle persone affette da handicap.

È vero, poi, come neppure si registri nella specie in esame una situazione di “discriminazione indiretta”, tutelabili ai sensi dell'art. 2, comma 3, della L. n. 67/06.

La condotta asseritamente discriminatoria tenuta dall'amministrazione non si è tradotta in “una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri” che mettano “una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”.

L'atto di normazione secondaria in questione, il più volte citato regolamento applicato al minore figlio dei ricorrenti e quello relativo alle posizioni di altro soggetto disabile, non rivestono infatti natura di atti “neutri”, tali dovendosi qualificare quegli atti aventi una finalità estranea a quella di tutela/lesione delle posizioni del soggetto svantaggiato.

Le norme in questione sono invece, per loro proprio contenuto, dirette a disciplinare le posizioni dei soggetti inabili nel loro avere accesso al servizio di assistenza, domiciliare e scolastica, per l'autonomia e la comunicazione, sicché non certamente “neutre”.

Il ricorso va, quindi, accolto solo ed esclusivamente per quanto di ragione, mentre tutte le ulteriori domande, ivi comprese quelle risarcitorie, devono essere respinte.

Quanto alla disciplina delle spese di lite le stesse, per le motivazioni sopra riportate e rappresentative di una condotta non lineare dell'amministrazione convenuta e quindi in ogni caso determinativa per l'istante di lesione, ferma la non inquadrabilità di quest'ultima nello strumento azionato, devono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: Dichiara l'illegittimità e quindi disapplica gli atti di diniego adottati dal Comune di Ancona in data 21.9.2023 e il Regolamento comunale approvato con delibera consiliare del 29.09.1997, relativamente alla posizione del minore (omissis) nelle parti in cui limita la concessione dell'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale ai soli alunni/studenti frequentanti le scuole di ogni ordine e grado portatori di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, L. n. 104/1992;

Condanna il Comune di Ancona a concedere al minore (omissis) l'assistenza scolastica e

domiciliare per l'autonomia e la comunicazione personale per l'anno scolastico 2023/2024 e per quelli successivi per 10 ore settimanali, con l'assegnazione di un assistente educatore;

Respinge le ulteriori domande;

Spese integralmente compensate tra le parti.

Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura, parti assenti, ed allegazione al verbale.