"La condotta di chi, durante il periodo in cui usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 3 comma L. 104/92 si rechi all'estero in gita di piacere, commettendo quindi il reato di truffa, non può essere considerato un fatto di particolare tenuità", questo il "principio di diritto" emesso dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza N° 3209/15 del 23 dicembre 2016.
La Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, si è così dovuta soffermare sulla natura e sulla interpretazione - quantomeno in sede penale - ritenuta corretta della fattispecie dei permessi retrubuiti ex art. 33 comma 3 della L. 104/92, ritenendosi che la norma ha certamente una duplice natura, ovvero quella di consentire al lavoratore di prestare la propria assistenza con ancora maggiore continuità e di consentire allo stesso, che con "abnegazione dedica tutto il suo tempo al famigliare handicappato di ritardarsi un breve spazio di tempo per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali", ma queste non possono sconfinare in un uso illegittimo o abuso della previsione di legge.
La sentenza - che, lo si ripete, è pronunciata dalla Sezione Penale della Corte di Cassazione ed a seguito dei due precedenti gradi di giudizio penale sulla fattispecie del reato di truffa - è interessante per un ulteriore quadro interpretativo della norma in commento.
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Corte di Cassazione N° 3209 - 15 (2,34 MB) | 2,34 MB |